Con questo articolo desidero non entrare nello specifico delle vicende israelo-palestinesi, certo attuali, né voglio assumere posizioni nette rispetto ad argomenti politici di alcun tipo. Intendo invece, con quel poco di consapevolezza che ho, esprimere vicinanza ai civili di quei popoli; a tutti coloro che, da perfetti innocenti, devono subire la guerra e poi, dopo averla subita, pagarne il caro prezzo.
Dunque, vado a raccontarvi di questo pezzo, uno dei più grandi successi di Barbara, la cantautrice francese par excellence. La canzone fu scritta nel 1964, a Gottinga, nella regione tedesca della Bassa Sassonia, e parla appunto di codesta piccola, affascinante città. Ma prima uno sguardo all’indietro: ripercorriamo la storia della canzone…
Barbara nasce nel 1930 nel 17° arrondissement di Parigi, da genitori ebrei. La madre era un’ebrea ucraina, dolce e affettuosa verso di lei, mentre il padre la maltrattava al punto da arrivare alla violenza carnale, che più tardi denuncerà alle autorità; anche se non fu presa sul serio come avrebbe dovuto. La famiglia di Barbara dovrà traslocare spesso, alla ricerca di sempre nuove abitazioni, tentando in tutti i modo di passare inosservata agli occupanti nazisti, presenti in Francia dal ‘40, quando Barbara aveva solo 10 anni. All’epoca infatti, la Francia era divisa in due parti: la zona libera (a Sud) e la zona occupata (a Nord, inclusa Parigi), ma tutto il paese poté risultare una specie di stato satellite del Reich, a causa del governo collaborazionista installastosi a Vichy. Progressivamente la nazione viene liberata e lo stesso Charles De Gaulle avrà modo di dichiarare il regime di Vichy “illeggittimo, nullo e mai esistito” (Wikipedia) in seguito alla liberazione avvenuta nel ’44.
Un’infanzia segnata dai traumi genitoriali, quindi, ma anche da un clima di persecuzione e di paura a causa dei rastrellamenti nazisti. Barbara negli anni che seguirono studiò canto e pianoforte, non smise mai di credere in se stessa e così, nel ’64, quando la guerra era già un ricordo, e quando ormai lei era diventata una cantante di successo, lo Junges Theater di Gottinga la invita a tenere lì un concerto. La cantautrice subito vorrebbe rifiutare, perché non se la sente di andare in Germania, ma il direttore del teatro, Gunter Klein, riesce a convincerla, e Barbara accetta di esibirsi… a una condizione: che le venga fornito un pianoforte a coda.
Al suo arrivo a Gottinga, però, il caso volle che fosse in atto uno sciopero generale degli operai, dei cosiddetti ‘stagehands’, che avrebbero dovuto occuparsi del trasporto. In teatro è presente solo un piano a cassa verticale e a questo punto, per coerenza professionale, Barbara fa annullare il concerto. Tuttavia degli studenti suoi ammiratori, dispiaciuti dalla cancellazione, decidono di caricarsi loro un pianoforte sulle spalle, e di portarlo sul palco. Con 2 ore di ritardo, Barbara può finalmente iniziare il concerto tra gli applausi eccitati della gente.
Questo gesto generoso degli studenti, che arrivò anche a commuoverla, le permette di ricredersi completamente sul popolo tedesco e su quella cittadina e in questo modo, prolungata la sua permanenza in città di qualche giorno, se ne innamorerà piano piano. Gottinga è famosa, ad esempio, per I Sette di Gottinga, un gruppo di studiosi di cui hanno fatto parte i fratelli Grimm. Da qui il riferimento, nella canzone, alle Fiabe che “cominciano” a Gottinga.
L’ultimo giorno di permanenza, nell’arco di un pomeriggio, Barbara compone il testo di Göttingen nel giardino ricco di fiori dello Junges Theater.
La canzone sarà terminata e registrata a Parigi l’anno dopo. Su Youtube si trova tra le altre una bella versione eseguita dal vivo da cui ho tratto l’immagine in evidenza dell’articolo: alla fine della performance, si nota quel suo sorriso umano e sincero che, forse per modestia, Barbara smette un istante dopo. Nemmeno il suo viso ha una bellezza tradizionale, ma ne possiede una ancora più lucente, che gli deriva direttamente dal cuore.
Racconto a proposito un fatto personale, ho sognato che mi trovavo anche io in Francia, a una stazione del treno non parigina e, come in quegl’incubi da bambini, tutti potevano vedere che indossavo un pigiama. A un certo punto, al pianoforte pubblico della stazione, un uomo si è seduto e ha suonato la mia canzone preferita di Barbara, che è Dis, quand reviendras-tu. Ricordo, anche a distanza di anni, la senzazione nella mia testa di timore misto a conforto.
Per tornare a Göttingen, il pezzo avrà un successo straordinario, diventerà un classico e un inno alla pace franco-tedesca. C’è anche una versione tradotta in lingua tedesca, cantata sempre da Barbara e pubblicata nel ’67.
Nel testo di Göttingen, Barbara sembra dare alla malinconia un’accezione positiva. Dice “noi a Parigi abbiamo le nostre mattine livide, e l’anima grigia di Verlaine, ma loro, loro sono la malinconia in persona, a Gottinga”. Come a dire che i nostri poeti francesi sono sì malinconici, ma Gottinga è la poesia stessa, se consideriamo metaforicamente la poesia come una malinconia.
Vorrei aggiungere in calce una riflessione, anche rischiando di fare quello che non volevo e che non so affatto fare, cioé parlare di geopolitica. Ho frequentato nella mia vita ambienti liberi e colti che però, per mia sfortuna, inaspettatamente erano insidiati da persone grette e mediocri. Sarei tentato allora di citare il film Skupljaci Perja, di Alexander Petrović (film superlativo che consiglio sempre), e canterei, parafrasandolo: nel mio vagabondare, ho incontrato anche razzisti felici.
Ma si può essere felici quando si è affetti dall’ideologia? Le ideologie guastano e rovinano l’ambiente umano e quello politico, e ancor peggio la propria felicità. Eccoci tornati al tempo dell’infanzia di Barbara, à Paris, al tempo dell’occupazione nazista la cui ideologia era quasi indistruttibile. Non vogliamo più fare gli errori del passato, né da una parte né dall’altra. Vogliatevi fare del bene, qualora sia possibile.
Terminerò con queste sue parole, prese da un’intervista: “Non ho mai pensato che la Canzone sia prendere coscienza di qualche cosa; che con una canzone ci si facciano delle domande. Allora quando mi dicono ‘tu fai canzoni impegnate’ (engagées), io mi vergogno; perché io non faccio canzoni impegnate. Non è vero. Io faccio canzoni d’amore. Gottinga è una canzone d’amore.”
CM
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