Oggi parliamo di un curiosissimo romanzo quasi sconosciuto in Italia, Les Ritals di François Cavanna, che da noi è stato pubblicato presso Bompiani in un’edizione del 1980 mai ristampata, con il maldestro ma quasi inevitabile titolo “Calce e martello”. Io personalmente non dispongo dell’edizione italiana, e quindi parlerò del libro in lingua originale e le citazioni che riporto sono tradotte dal sottoscritto.
La narrazione
Come vedremo dalle sue caratteristiche, che forse lo hanno reso poco allettante per il lettore straniero (non francese), il libro in realtà è molto affascinante e merita di essere letto, soprattutto dal pubblico italiano. Prima di tutto, notiamo che Les Ritals sarebbe un romanzo autobiografico ma è impossibile tracciare il confine tra realtà e finzione, poiché al suo interno si ritrovano molti elementi di autobiografia romanzata. Ciò che risulta evidente specialmente negli episodi di azione, in cui l’autore fa largo utilizzo di iperboli e di esagerazioni che ne rendono la descrizione comicissima ma anche surreale. Questo è importante da dire perché, nella brevissima introduzione, Cavanna ci presenta l‘opera come una trascrizione dei suoi ricordi di infanzia, o almeno dei suoi «esatti sentimenti» di allora.
La narrazione è quindi di tipo omodiegetico, il narratore cioé si pone come personaggio interno alla vicenda, e in particolare anche autodiegetico, trattandosi di eventi che riguardano personalmente il narratore-autore (che dunque è anche il protagonista): il piccolo François del passato «rivissuto da ciò ch’egli è oggi, e che sente talmente forte l’istante che rivive, che non può immaginare di averlo vissuto altrimenti». In questi casi, in narratologia si parla di focalizzazione interna.
François Cavanna
Ma chi è François Cavanna? Cavanna è stato un celebre scrittore, vignettista e giornalista. Nato nel 1923 a Nogent-sur-Marne da padre italiano e madre francese, in Francia è molto famoso tra le altre cose per aver fondato il giornale satirico Charlie Hebdo. All’età di 55 anni, nel 1978, pubblica Les Ritals per raccontare soprattutto il suo amore per il padre, muratore italiano, immigrato nella banlieu parigina negli anni ‘10 del ‘900. Il romanzo ne consacra il successo letterario ed è immediatamente seguito, l’anno successivo, dalla pubblicazione di Les Russkoffs, che riceverà l’importante premio Interallié. Muore a Créteil nel 2014.
La struttura
Torniamo al romanzo. Esso è suddiviso in 29 capitoli, ciascuno corrispondente ad un aneddoto, o a un tema di cui si parlerà, cui il titolo fa riferimento più o meno esplicito (La maladie ; L’Arabe ; La belle jeunesse ecc). I capitoli non seguono un ordine preciso ma la loro successione sembra ricalcare lo stile narrativo, il quale procede anche internamente per sbalzi temporali e di luogo, secondo le associazioni casuali che compongono il flusso di coscienza del narratore.
La solidità della struttura è data, più che dall’ordine dei capitoli, dal ricorrere di un certo numero di argomenti topici, ovvero gli aspetti più appariscenti della vita e della personalità del padre immigrato, Luigi Cavanna. Il lavoro di muratore, le sue abitudini, le sue esclamazioni («Regvarde-moi ça!»; «Ecco» ecc.) e i suoi racconti arricchiscono l‘intreccio di numerosi flashback e flashforward, e la trascrizione fonica del suo francese frammisto al piacentino è talmente spassosa ed efficace a livello stilistico che l’autore si diverte a scrivere un intero capitolo (Le cien del couré) imitando la parlata paterna.
L‘ambientazione
La quasi totalità dell’opera è ambientata nella periferia parigina di Nogent-sur-Marne, il comune di nascita dell’autore, e specialmente nella rue Saint-Anne, civico 3, dove ha abitato stabilmente con i genitori fino all’età di diciassette anni. La vicenda cambia di ambientazione soltanto in un capitolo, Le tour du monde, in cui il protagonista assieme all’amico Jojo Vapaille si spinge in bicicletta fino a Montluçon, nella regione di Auvergne-Rhône-Alpes, nel tentativo poi fallito di scappare di casa e di imbarcarsi a Marsiglia per vedere il mondo.
Il racconto si svolge negli anni tra le due Guerre Mondiali, periodo di grandi cambiamenti sociali e di tensione politica. Nel romanzo si fa riferimento alla vittoria del Fronte Popolare alle elezioni francesi del 1936, all’arrivo in Francia della T.S.F. (antenata della radio) e della radio, alla crisi economica dei primi anni ‘30, durante la quale il padre del protagonista rischia di essere rimpatriato per mancanza di lavoro.
Precisiamo che nella prima metà del XX secolo, gli italiani in Francia hanno rappresentato la comunità di immigrati più numerosa: tra il ’46 e il ’55, l’80% degli immigrati in Francia si stima fossero italiani e, già negli anni in cui è ambientato il romanzo (1929-1939), Nogent-sur-Marne ospitava una di queste importanti comunità italiane.
L‘atmosfera politica e sociale di quella Francia e di quell’Europa permea il racconto fino alle ultime righe in cui il lettore viene lasciato volutamente in sospeso alle soglie dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale, perché François riporta emblematicamente un titolo di giornale di allora («Mourir pour Dantzig?», morire per Danziga, invasa dai nazisti nel 1939) e prevede, ingenuamente, che sarà Mussolini, o Stalin, a mettere d’accordo le forze e i paesi contrapposti scongiurando il conflitto.
Il personaggio protagonista
Le caratteristiche del piccolo François ricordano per certi aspetti quelle di Antoine Doinel, il protagonista de I quattrocento colpi di Truffaut, specialmente l’irrequietezza e la passione per la lettura. François è un ragazzo molto dotato intellettualmente, un lettore accanito, e inizialmente ci viene presentato come un bambino sensibile e buono, affezionatissimo al padre. Ben presto però il suo carattere muta, e questa mutazione sembra accompagnare, oltre che l’arrivo dell’adolescenza, le trasformazioni sociali di quegli anni. Il protagonista infatti diventa presto un piccolo ribelle, legge riviste sconce, frequenta cinema e bordelli, soprattutto sembra sempre alla ricerca del piacere e dell’eccesso, fino ad arrivare alla fuga da casa e al furto.
Se da un lato questi eccessi nel comportamento derivano naturalmente dalla personalità vivace, esagerata, spiritosa e a tratti triviale di François (che si rispecchia nel vulcanico stile narrativo), d’altra parte l’autore vuole istituire un legame tra il senso di ribellione del suo io adolescente e quel suo precoce amore per la letteratura, dando anche alle azioni più irriverenti e sacrileghe del protagonista i tratti di un intellettualismo colto. Su questo aspetto tornerò fra poco.
Considerazioni sull‘opera
Les Ritals di François Cavanna è un’opera complessa, varia, pungente, parossistica, ma la forte vena di humour e il carattere picaresco ne rendono la lettura molto scorrevole. L’autore guarda al mondo e alla sua fenomelogia con disillusione: così come la struttura del libro e lo stile narrativo sono disordinati e altalenanti, così del mondo non si cerca il significato profondo, unitario, e il nichilismo esistenziale del narratore rende l’opera in definitiva amara e a tratti deprimente.
Tuttavia, questa operazione intellettualistica di distruzione del mondo e delle sue convenzioni risulterebbe troppo sterile ed autocelebrativa se nel romanzo non fosse presente un unico elemento sacro, l’unico valore cui ispirarsi: la “ritalità” del padre del protagonista, Luigi Cavanna, il suo essere italiano nelle abitudini e nei piccoli gesti che ha conservato da Bettola, il paesino in provincia di Piacenza da cui proviene. Rital, infatti, è il termine spregiativo con cui i francesi chiamavano gli immigrati italiani all’epoca, e di cui via via si è imposto un utilizzo per lo più scherzoso: ecco il perché del titolo del libro, intraducibile nella nostra lingua.
Allora, i momenti più belli del romanzo sono proprio quelli in cui il padre da co-protagonista diventa il protagonista: il suo dialetto, le sue canzoni, le sue barzellette, l’amore che mette nel suo lavoro, la fierezza con cui tiene alta la bandiera italiana durante la sfilata della «Lyre garibaldienne nogentaise» (Lira garibaldina di Nogent, società di mutuo soccorso per immigrati), l’affetto per il figlio e la volontà di trasmettergli in eredità tutte queste piccole cose; sono gli unici elementi che danno respiro al romanzo, e tranquillità d’animo al lettore.
Uno dei passaggi più commoventi è quello in cui il piccolo François, tornato a Parigi dopo il tentativo di fuga a Marsiglia, scopre che il padre ha passato tutti i giorni della sua assenza da casa vagando per le strade di Nogent, in lacrime.
Mia zia mi ha detto che papà, tutto il tempo che ero via, si trascinava per le strade, poveretto, piangendo senza riuscire a trattenersi. Quelli che gli domandavano: “E allora, Vigion, che c’è che non va?”, lui gli rispondeva “El mì Franzuà, se n’è andato”. Restava piantato sul marciapiede in mezzo alla folla, perso, le sue lacrime scendevano, scendevano.
(Ma tante m’a appris que papa, tout le temps que j’ai été parti, se traînait par les rues, poveretto, pleurant sans pouvoir se retenir. Ceux qui lui demandaient : «Et alors, Vidgeon, qu’est-ce qui va pas?», il leur repondait: «L’me Françva, il est parti.» Il restait planté sur le marché, dans la foule, perdu, ses larmes coulaient, coulaient.)
Conclusioni
Abbiamo detto che per Cavanna lo spirito dissacratorio del suo io da ragazzo assume anche i caratteri positivi di un atteggiamento intellettuale. Allora Les Ritals è in effetti un ottimo libro per comprendere alcuni degli aspetti più rivoluzionari della cultura europea del ‘900: non meno che nella realtà sociale che lo circonda, nella mente del piccolo François sono già presenti tutti i tratti della contestazione antiautoritaria che caratterizzerà quaranta anni dopo i movimenti di protesta del ‘68, e addirittura delle sfumature postmoderne.
Inoltre, per il lettore italiano, questo libro è uno spaccato di immigrazione italiana all’estero che dice molto di come eravamo percepiti, e di cosa percepivamo, in quella difficile Europa settentrionale del primo Novecento.